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Perché lo fanno?

Autore: NICK POLLARD 

Editore: EUN

 

Nick Pollard è un esperto di educazione morale e religiosa tra gli adolescenti. Nel corso della sua carriera ha parlato con migliaia di ragazzi e con molti genitori.
Penso che siamo tutti rimasti colpiti dall’uccisione di Meredith, o quanto meno ne siamo a conoscenza. I colpevoli sembrano essere dei ragazzi giovani, come lei. Perchè l’hanno fatto? Come abbiamo modo di vedere quotidianamente dai giornali, le tragedie inflitte da adolescenti a se stessi o ad altre persone sono preoccupanti. E in questo libro l’Autore si rivolge in modo particolare a genitori per aiutarli a capire perchè i ragazzi di oggi fanno le cose che fanno.
Egli analizza in sei capitoli altrettanti temi, diventati negli ultimi anni tipicamente adolescenziali: l’atteggiamento costantemente critico, l’abuso di droga, il suicidio, il desiderio di corrispondere ad un’immagine, la promiscuità sessuale, la mancanza di rispetto nei confronti degli anziani in particolare, e degli adulti in generale. Afferma che le cause primarie di questi comportamenti non si trovano tanto in casa o nei genitori, ma piuttosto nei cambiamenti radicali avvenuti negli ultimi anni nella cultura generale.
Quindi l’A. analizza i cambiamenti avvenuti nel sistema educativo, nel pensiero filosofico di fondo (in particolare con l’Illuminismo, il Modernismo e il Postmodernismo), la noia che porta i giovani a cercare emozioni sempre più forti, la ricerca della comunità, il non saper affrontare il dolore, la crisi d’identità, le incoerenze ed ambiguità prodotte dalle credenze naturalistiche, il concetto di conoscenza e saggezza. Sono tutte cose di cui i nostri adolescenti (e spesso anche noi stessi) non sono consapevoli. Anzi, sono messaggi subdoli, che influenzano il nostro comportamento e pensiero nostro malgrado.
L’A. dice che la generazione attuale è la prima ad affrontare tutte queste cose e altre correlate. Sì, altre correlate. Perchè anche una singola convinzione non è un fatto isolato. Porta delle conseguenze. Ad esempio, non si può dire: “Io non credo piu nei compleanni, però voglio lo stesso i regali e la festa”. Se non si crede nei compleanni, bisogna accettarne le conseguenze. E l’A. fa notare come la società non riesce ad accettare le conseguenze delle filosofie che mette in circolazione, non le riconosce neppure come conseguenze. Quando si accorge che una filosofia non gli serve più, la sostituisce con un’altra.
Nel 7o e ultimo capitolo, l’A. affronta la domanda: “Cosa possiamo fare?” Non svelo nulla perchè voglio lasciarvi il piacere della lettura, tanto più che il libro è breve e alla portata di tutti. Qualcuno ha detto che i ragazzi di oggi sono figli del caos e la soluzione sarebbe che anche noi dovremmo seguire il loro approccio e adattarci alla cultura nella quale viviamo. L’A. è d’accordo sull’analisi riguardo i figli del
caos, ma non concorda con il rimedio proposto. Il nocciolo della questione è che quanto descritto nel libro, e quanto accade intorno a noi tutti i giorni, si basa su un sottinteso rifiuto culturale di Dio. La sfida lanciata dall’A. è affrontare questo rifiuto, non tanto come individui (anche se vengono dati validi suggerimenti), quanto come società.
Concludo commentando l’affermazione dell’A. secondo cui il comportamento dei ragazzi non sia da attribuire ai genitori quanto alla cultura. Questa affermazione credo possa creare qualche incomprensione, perchè sembra che l’A. stia dicendo che i genitori non sono responsabili dell’educazione dei loro figli. Bisognerebbe rileggere l’originale, perchè potrebbe esserci un problema nella traduzione. Credo però che la questione sia più di contestualizzazione che non di traduzione. L’A. si rivolge a genitori, e in particolare a genitori inglesi, provenienti da una cultura che sottolinea la responsabilità dei genitori. Egli non ha avuto forse l’occasione di parlare con un genitore italiano. Un genitore italiano parte dal presupposto che il figlio è cosi e non ci si può fare nulla. È evidente che, di fronte a delle questioni culturali da tenere presente, il genitore responsabile si sentirà come illuminato e avrà già in mente come affrontare la questione con il figlio. Quello che non si sente responsabile sposterà la colpa dal figlio alla cultura e continuerà a non fare nulla. Non è quello che l’A. aveva in mente.
Come ho detto, l’A. Si rivolge in modo particolare ai genitori, ma io mi sento di consigliarne la lettura ad un pubblico più ampio, perchè si può essere madri e padri anche senza esserlo biologicamente.


Angela Rolston