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I Compiti a Casa.

Autore: MARGY TRIPP

Anno di pubblicazione: 2006

Editore: Alfa & Omega

N. Pagine: 46

L’Autrice. Margy Tripp è moglie e collaboratrice del più noto Tedd Tripp, autore di Pascere il cuore del fanciullo e pastore della Grace Fellowship Church di Hazletown, Pennsylvania. Insieme hanno fondato una scuola cristiana, di cui Margy è stata preside per diverso tempo. Hanno tre figli e sei nipoti.

Il testo. Quando ero piccola, quello dei compiti era un momento speciale, con una collocazione precisa nella giornata, circondato da un’aura di importanza, quasi di solennità. Mi madre, nonostante già a quel tempo lavorasse fuori casa, trovava sempre il modo di darmi un’occhiata o un piccolo aiuto, soprattutto nel compito di matematica, che spesso mi metteva in crisi.

Oggi, dall’altra parte della cattedra, mi rendo conto che per molti alunni e genitori il compito a casa è diventato una gravosa incombenza, da subire piuttosto che svolgere, inutile quanto inevitabile, da togliere subito come un dente cariato oppure da rimandare quanto è possibile. Incastrato tra la spesa della mamma e l’allenamento di calcio, prima di cena e dopo il cartone, il compito a casa ci fa proprio la figura del guastafeste in mezzo a tutte le avvincenti attività cui un bambino si può dedicare: guardare un documentario, imparare uno strumento, andare in bicicletta… Possibile che nel ventunesimo secolo ci sia ancora bisogno dei compiti? Non imparerebbero i bambini altrettanto da divertenti giochi al computer o da programmi istruttivi alla televisione?

Mergy Tripp è convinta che i compiti siano necessari, anzi un’opportunità imperdibile per genitori e figli. In questo agile ma denso libro spiega in modo convincente le ragioni della sua “apologia” dei compiti a casa. E lo spiega soprattutto dal punto di vista dei genitori, dando spazio ai sentimenti, ai problemi, alle frustrazioni che spesso accompagnano l’assolvimento di questo impegno. Ma prima di offrire i suoi preziosi suggerimenti, l’Autrice vuole inquadrare la questione nel suo giusto contesto, mettendo a fuoco i presupposti, gli atteggiamenti di fondo coi quali affrontare il problema. Il modo in cui consideriamo i compiti dipende dal valore che diamo all’istruzione e, in ultima analisi, dalla nostra visione della vita. Se consideriamo la vita quotidiana come una corsa per la sopravvivenza e il mondo quel luogo caotico e pieno di peccato, da cui trovare scampo rifugiandoci alla riunione di preghiera o al culto domenicale, va da sé che i compiti a casa rientreranno nel novero delle inutili incombenze pratiche, che ci distraggono dalla vera spiritualità. Ma se il mondo, nonostante tutto, resta il mondo creato e sostenuto dalla Parola di Dio, se la vita, in tutte le sue sfere e aspetti, trova il suo significato nel progetto di conoscere, onorare e servire quel Dio per il quale viviamo e moriamo, allora anche il momento dei compiti diventerà un’opportunità straordinaria: per trasmettere ai figli l’amore per la bellezza della creazione, per applicare la fede a contenuti pratici, per formare il carattere con le virtù della pazienza, della tenacia, del senso del dovere, dell’autonomia, dell’ubbidienza, per aprire con i figli un dialogo su tutti gli argomenti, per commentare la lezione svolta dall’insegnante a scuola. E, aggiungo io, in un contesto come quello italiano, dove le scuole cristiane sono ancora inesistenti, il compito a casa costituisce forse l’unica occasione in cui i genitori hanno l’opportunità di esaminare, valutare e correggere, interagendo con i figli, i contenuti dell’istruzione che apprendono in classe, contenuti che sappiamo essere improntati a tutt’altra visione che quella cristiana.

Mergy Tripp quindi incoraggia i genitori trasmettendo loro la passione di educare, la consapevolezza che “dobbiamo essere consumati dal desiderio di formare i nostri figli secondo un’ottica cristiana”. I suggerimenti pratici che offre, poi, non vogliono essere presi come modelli assoluti da seguire, ma solo come esempi di creatività nell’affrontare ogni giorno il momento dei compiti, è quindi chiaro che ogni genitore e ogni figlio sono invitati a declinare questo impegno con libertà, secondo le esigenze della loro situazione.

Avendo l’Autrice interpretato così bene il tema dal punto di vista dei genitori, aggiungo qualche osservazione dal punto di vista degli insegnanti. Dobbiamo ammettere che c’è un modo valido di assegnare compiti, ma ci sono tanti modi sbagliati. Quelli sbagliati: i compiti di punizione, perché associano l’idea della punizione all’esercizio e allo studio; troppi compiti, perché aggravano anziché stimolare; i compiti che richiedono di più di quanto si è svolto nella lezione in classe, perché “scaricano” ai genitori un dovere che è dell’insegnante. Il modo valido, invece, vuole che il compito assegnato riguardi l’argomento svolto nella lezione, che sia commisurato alle capacità cognitive degli alunni, che stimoli l’alunno a misurarsi personalmente con le cose che ha già imparato in classe con i compagni e l’insegnante. In questo modo, il genitore non dovrà sostituirsi al figlio nel fare di sana pianta il compito, ma al massimo si limiterà a controllare che venga svolto per intero, o a dare qualche aiutino qua e là, nella corretta comprensione dei comandi, mentre l’insegnante potrà constatare la misura dell’autonomia cognitiva dell’alunno, del suo stile personale di studio, della sua diligenza e senso di responsabilità.

Infine, ritengo particolarmente appropriato l’incoraggiamento che Margy indirizza ai papà di seguire i figli nello svolgimento dei compiti, cogliendo l’opportunità unica di spendere con loro un tempo qualitativamente significativo.