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Berlusconi, Bagnasco e la scuola pubblica.

Che fare?
Commentare l’ultima gag del Presidente del Consiglio sulla scuola pubblica ci sembrava
francamente eccessivo. Infatti appare palesemente inattendibile, se non addirittura tragi-comico, che
un uomo sospettato di gravi reati con risvolti morali, civili e penali intervenga ad un convegno di
cattolici inveendo contro la scuola che “inculca ai nostri figli valori contrari a quelli della famiglia”!
Ciò che però ci fa saltare sulla sedia è la replica del Cardinale Bagnasco, che il giorno successivo,
tra le polemiche e il polverone sollevato dalle parole di Berlusconi, si erge a difensore della scuola
pubblica statale. Anzi, a dire il vero, l’intervento di Bagnasco suscita in noi indignazione.
Certamente la chiesa cattolica ha a cuore la scuola pubblica, ce ne eravamo accorti… Perché la
scuola rientra in un grande e articolato progetto di cattolicizzazione della società, che nel secolo
scorso ha segnato le sue tappe più importanti con il Concordato del 1923 e il suo rinnovo nel 1984.
Non ci si lasci quindi confondere dall’elogio cardinalizio, perché la CEI ha molto a cuore un
progetto, quello di clericalizzare la scuola, obbiettivo al quale gli ultimi governi e ministri
dell’istruzione si sono piegati con vergognoso servilismo. La chiesa cattolica vuole fagocitare
culturalmente la scuola pubblica statale, e questo obbiettivo lo sta portando avanti con il massimo
impegno. Dobbiamo di nuovo ricordare i 13.500 insegnanti immessi nei ruoli dello Stato dalle curie
e pagati con le tasse di tutti i cittadini? I libri di testo di religione cattolica gratuiti? Le ore di
insegnamento cattolico inserite nel curricolo e nell’orario scolastico? Le discriminazioni subite
dagli alunni non avvalentisi? Le centinaia di episodi di atti di culto in orario scolastico? Le visite di
prelati ed eminenze? Pensate che una volta si è scomodata perfino la madonna di Fatima…!
Da una parte, un premier senza dignità che corteggia l’elettorato cattolico con intollerabile ipocrisia,
a suon di soldi e privilegi, dall’altro la chiesa cattolica che non disdegna certo i favori di chi fa
mostra di biasimare. Che dire davanti a tutto questo?
Siamo certi che, al di là delle gerarchie, anche nel mondo cattolico c’è chi vede e si vergogna, ma
ora laici e cattolici devono dire basta! Non è sufficiente alzare il vessillo della scuola pubblica,
anche se è giusto e necessario, non basta riconoscere la dedizione di molti che vi lavorano e vi
studiano. Non ci associamo nemmeno a chi si schiera contro la scuola privata, la quale è
costituzionalmente prevista, con la clausola che non costituisca oneri per lo Stato.
Ma in tutto questo fango gettato sulla scuola pubblica perché “non educa” c’è qualcosa di ancora
più fuorviante. Infatti se la scuola deve supportare la famiglia, non deve però e non può sostituirsi
alla famiglia. Sono la fragilità e l’involuzione di questo nucleo fondamentale della società a
riversare sulla scuola tutta una serie di problematiche (etiche, sociali, esistenziali) a cui la scuola
non è chiamata a rispondere, anche se di fatto è costretta a farlo.
Da troppo tempo si delega alla scuola la missione di salvare una società che va in frantumi,
chiedendosi poi perché faccia fatica a svolgere il suo compito specifico.
È urgente un ripensamento generale, una riforma di ampio respiro sociale, politica, religiosa, che
parta da nuovi presupposti e coltivi nuovi progetti per il bene comune, un’assunzione di
responsabilità di ognuno nel suo campo e nelle sue sfere di attività, che unisca il proprio impegno
all’impegno altrui con rinnovata dedizione.
E per questo ci vogliono nuove forze sociali e nuove energie, una cultura rinnovata e con nuovi
orizzonti, nuovi ideali e speranze nuove, nuovi uomini e nuove donne che siano disposti a pagare di
persona per ciò in cui credono. Questo auspichiamo e per questo ci impegniamo come cristiani e
come insegnanti della scuola pubblica.


Il Comitato Insegnanti Evangelici Italiani – 3 marzo 2011