Back

Silenzio!..passa la Riforma.

Un silenzio molto eloquente regna nelle alte stanze del potere: ciò che sta scivolando sul tappeto
rosso della VII Commissione (Cultura e Istruzione) non deve fare rumore e farsi notare il meno
possibile. Si tratta del Disegno di Legge 953 di cui la prima firmataria è l’On. Valentina Aprea, e
che riguarda la riforma degli organi di governo della scuola.
Anche non volendo essere prevenuti – l’On. Aprea aveva già tentato sotto il governo Berlusconi di
far passare una riforma analoga – non può non saltare all’orecchio il silenzio del Ministro, dei
media, dei sindacati, delle forze politiche (tranne rare eccezioni) riguardo al cambiamento delle
regole di una delle più importanti istituzioni italiane: la scuola pubblica.
L’On. Aprea ha fatto in modo che il DdL 953 fosse trasferito in sede legislativa: una prassi riservata
a provvedimenti che, secondo il regolamento della Camera, o sono particolarmente urgenti, o non
hanno speciale rilevanza di ordine generale. In questo modo, la proposta di legge non passa per
l’Aula del Parlamento, ma viene discussa esclusivamente nei corridoi di una piccola Commissione.
Ora, che ci sia particolare urgenza di attuare questa riforma, è altamente improbabile; resta il caso
della sua “irrilevanza” di ordine generale. Basterebbe solo questo dettaglio a far saltare sulla sedia
chiunque abbia un briciolo di senso civico, figuriamoci poi coloro che dovrebbero essere garanti del
bene pubblico! Invece… nulla, un assordante silenzio. Nulla per le famiglie (che quando fa comodo
sono così facilmente strumentalizzate), nulla per gli studenti, per gli insegnanti, per i Dirigenti, per
il personale tecnico e amministrativo, per i collaboratori scolastici che da anni sono gli attori
principali di questa istituzione e sui quali si sono abbattute le scuri delle ultime “riforme”.
Anche senza entrare nel merito di questa proposta di Legge, che si spera subisca molti emendamenti
nel corso del suo iter legislativo non ancora concluso, si scopre che la scuola avrebbe bisogno dei
privati (fondazioni, aziende, associazioni ecc.) e del loro apporto nel finanziamento, nella
determinazione degli obbiettivi di apprendimento nonché nella valutazione dei risultati.
Ripercorriamo rapidamente gli ultimi atti istituzionali: si sono tagliati fondi alla scuola pubblica e si
sono trasferiti alla scuola privata, si è denigrata la classe docente riducendone drasticamente il
numero, mentre sono stati assunti in ruolo migliaia di docenti di religione cattolica, le ore di attività
scolastica sono state ridotte ai minimi termini, gli investimenti in formazione sono stati annullati, i
soldi pubblici sono stati sprecati (le scuole sono piene di lavagne multimediali inutilizzate o
sottoutilizzate per mancanza di formazione degli insegnanti, i computer sono fermi perché privi di
manutenzione ecc.) e ora si dichiara solennemente il decesso della scuola: il percorso è molto
eloquente, nonostante il silenzio.
Come mai, invece di questa logica perversa, non si è andati avanti in modo diritto? I privati diano
pure i loro contributi alla scuola privata, ma lo Stato con i denari pubblici garantisca prima di
tutto una scuola pubblica democratica, laica, moderna e di qualità.
La scuola non ha bisogno dei denari privati, ma dei cuori, delle menti e delle braccia di chi ha il
senso del bene comune, di chi vive la passione per l’educazione e per la formazione delle future
generazioni ed è disposto a investire per loro, con loro e su di loro.
È legittimo a questo punto chiedersi se la reale intenzione del Legislatore sia forse l’ abbandono
della scuola come organo pubblico, costituzionale per definizione, che concorre alla rimozione degli
ostacoli per la crescita della persona, luogo in cui si formano i futuri cittadini, perno della coesione
nazionale e della solidarietà internazionale, strumento per lo sviluppo della società.
Però tutto ciò testimonia anche di una debolezza insita nel cuore delle nostre istituzioni, forti con i
deboli e deboli con i forti, sorde alle istanze delle minoranze e prone alle lobbies politiche ed
economiche, alle cui richieste vengono piegati la giustizia e il diritto.
Ma siccome c’è ancora la libertà di parola, dobbiamo avvalercene da semplici cittadini per rompere
il muro di silenzio e di indifferenza e aprire un pubblico confronto, perché è in gioco il futuro del
nostro paese e dei nostri giovani.

Il Comitato Insegnanti Evangelici Italiani – 14 maggio 2012