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Una buna notizia..finalmente!

Per chi lavora nella scuola, ecco in arrivo un’iniziativa che potrebbe cambiare davvero le cose in meglio. In questi giorni, un gruppo di parlamentari di diversi partiti ha presentato una mozione che chiede di rivedere il Concordato con la Chiesa cattolica, ed elenca tra i diversi punti anche l’abolizione dell’ora di religione nella scuola pubblica.

Non c’è bisogno di spiegare agli addetti ai lavori quanta ingiustizia si porta dietro la famosa “ora di religione”, e con essa la presenza cattolica nelle aule scolastiche. Ma per quelli che ne sono usciti anni fa e che non sono al corrente della situazione, è necessario fare un ripasso.

Bisogna ricordare che, a partire dalla revisione del Concordato del 1984, la religione cattolica non è più religione di stato (cfr. Protocollo Addizionale, art. 1). Questa apertura al pluralismo risponde alla trasformazione della società italiana in multiculturale, non solo per la presenza di stranieri immigrati, ma anche per una trasformazione generazionale che vede moltissimi italiani non aderire a nessuna religione, o aderire a religioni diverse da quella cattolica romana.

Quindi la religione da obbligatoria diventa facoltativa. Ma, uscita sommessamente dalla porta, subito è rientrata trionfalmente dalla finestra, con un accorgimento amministrativo che ne vanifica la facoltatività, come dimostra efficacemente A. Sani in un articolo su Italia Laica del 2005.

L’ora di religione cattolica viene inserita a pieno titolo all’interno del curricolo, e non sono gli studenti a doverla scegliere, perché è impartita d’ufficio, ma sono quelli che non vogliono avvalersene a farlo presente e a dover scegliere tra altre opzioni: l’uscita da scuola, molto difficoltosa per la collocazione oraria di solito non funzionale; lo studio individuale, impraticabile con i bambini piccoli e che finisce con due ore nel corridoio o in altre classi; l’attività alternativa, la cd. “materia non materia”, ridicola perché inesistente sul piano scientifico ed epistemologico, ma inventata ad hoc per tappare un buco, quasi sempre evasa e sostituita da altre soluzioni, con l’esito di provocare evidenti discriminazioni a carico dei non avvalentisi. Quando ad esempio manca un insegnante, l’attività alternativa è la prima a “saltare”, perché il docente viene inviato a sostituire l’assente. E questo è un caso frequentissimo, soprattutto da quando i tagli al personale hanno reso molto difficile il regolare andamento delle lezioni. Se a mancare è l’insegnante di alternativa, gli alunni non avvalentisi vanno in altre classi. Nessuno è mandato per sostituirlo. Senza parlare dei numerosi episodi di invasione di campo, quando a causa di progetti organizzati dall’insegnante di Irc, tutti gli alunni sono esposti ad atti di culto o iniziative simili, non ammessi in ambito pubblico. Poi c’è l’annoso problema della presenza degli insegnanti Irc agli esami di Stato, dei crediti scolastici e tutta una serie di situazioni di chiara illegittimità.

Anche senza calcolare la questione dei simboli religiosi (crocifisso ecc.), la sensazione per tanti non cattolici, studenti e insegnanti, che vivono nella scuola è quella di essere di “serie B”, perché la loro libertà di coscienza, sbandierata come fondamento dell’educazione, viene bellamente raggirata e offesa. Per questo incoraggiamo iniziative che promuovano la laicità della scuola statale.

La laicità, nell’accezione che la vede come un modello di relazioni nell’ambito pubblico, non significa rifiuto della religione. Significa, al contrario, riconoscimento di tutte le istanze di cui le persone sono portatrici, su un piano di uguaglianza, di valore e di rispetto. La scuola è un’agenzia che ha un preciso compito istituzionale, essa deve svolgerlo consapevole del proprio ambito di competenza, che non è univoco, ma è accanto a quello della famiglia. L’educazione religiosa è diritto e dovere dei genitori, non degli insegnanti. Per questo non deve essere riconosciuto alcun ruolo privilegiato a nessuna religione, nella scuola statale, ma ad ogni persona deve essere data la possibilità di esprimere le proprie convinzioni, quali che siano, in un confronto il più possibile ampio, sereno e libero.

Sulla proposta di sostituire le due ore di Irc con due ore di educazione civica, ci sarebbe da aprire un altro capitolo, su quali siano le priorità della scuola al momento attuale e per il prossimo futuro. Le due ore di religione potrebbero essere collocate in orario extrascolastico, come già avviene per altre attività facoltative. Anche su questo argomento il confronto è auspicabile e necessario, da parte di tutti coloro che hanno a cuore le sorti delle future generazioni.

Il Direttivo del CIEI – 17 giugno 2019