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Scuola: andiamo al cuore dei problemi!

A un mese e mezzo dalla riapertura della scuola molti istituti sono ancora alle prese con quelle annose situazioni (personale che manca, inefficace reclutamento, precariato, mancanza di un decente contratto di lavoro, spazi inadeguati ecc.), problemi che insegnanti, studenti e famiglie sono ormai rassegnati a subire come aspetti ineluttabili del sistema. Se di fronte a questa condizione della scuola non si può abdicare, c’è però un’altra situazione che non si può “normalizzare”, ma che ogni anno è necessario ri-attenzionare, perché riguarda l’identità della scuola e la sua ragione d’essere, l’identità degli studenti e la loro formazione. Si tratta dell’insegnamento della religione cattolica, con tutto quello che ciò comporta, e che, pur sembrando una questione secondaria, tocca il cuore dei problemi della scuola italiana.
L’identità della scuola è fissata dalla Costituzione della Repubblica e dalle Leggi da essa derivate. La Repubblica italiana non delinea uno Stato confessionale, infatti dalla Revisione del Concordato (1984) la religione cattolica non è più religione di stato. Anche la scuola statale dovrebbe quindi non essere confessionale. Ma in questi trentotto anni, da quando cioè l’Irc non è più obbligatorio, l’istituzione scolastica, con il suo ingombrante apparato, fatica enormemente a recepire la diversità e adeguarsi al rispetto delle norme. Infatti, anche in seguito alla cosiddetta “stagione delle intese”, in cui diverse confessioni hanno stipulato accordi con lo Stato a questo riguardo, la Repubblica ha riconosciuto che la coscienza degli studenti non cattolici andava rispettata e preservata da ogni discriminazione. Si tratta di un ambito (un “fòro” come si esprime la Legge) inviolabile nella sua piena e sacrosanta libertà di scelta. A esempio, la sentenza 203/1989 ha stabilito “lo stato di non obbligo” per chi non si avvale dell’IRC. E la sentenza 13/1991 ha stabilito che lo stato di non obbligo consente agli studenti il diritto di non essere a scuola durante l’IRC.
Allora, perché numerosissimi tra i non avvalentisi si trovano a essere parcheggiati in altre classi, a subire pressioni per cambiare scelta, a fare i salti mortali per poter uscire dalla scuola, o addirittura restare in aula mentre si fa religione, o alternativa, magari facendo un disegno, sotto gli sguardi straniti e inquisitori degli altri studenti? E come mai le loro famiglie devono insistere fino allo sfinimento, affinché la loro scelta sia rispettata? Moduli non conformi e non adeguati, mancanza dell’attività alternativa, insegnanti impreparati sulla normativa, oppure impossibilitati a rispettarla dalle carenze della stessa scuola, genitori non adeguatamente informati, che arrivano a sentirsi perfino in imbarazzo a richiedere ciò che invece sarebbe un loro pieno diritto. È vero che il MIUR ha inserito il modulo di scelta nella piattaforma ministeriale (solo per alcuni ordini di scuola), ma poi si deve anche mettere in condizione le scuole e accertarsi che le scelte espresse siano rispettate.
Salutiamo quindi con favore la notizia dell’apertura di uno “Sportello scuola – laicità” da parte degli amici della Federazione delle Chiese Evangeliche. Il problema della laicità delle istituzioni è più che mai attuale e da soli non si va da nessuna parte. Quindi ben vengano iniziative di questo genere, per informare, sensibilizzare e, se necessario, intervenire in modo unitario con tutte forze in campo a sostegno degli studenti e delle loro famiglie. I dati ministeriali riportano che sono oltre un milione gli studenti che non si avvalgono dell’Irc e questo dice molto sulla nostra cultura. Dice a esempio che la cultura non è un dato statico,
ingessato e monolitico, ma è caratterizzata da fluidità, contaminazioni, trasformazioni. E sul terreno della cultura italiana sono cresciuti altri alberi che hanno altre radici (non solo quella “romana”), soprattutto considerando la globalizzazione della cultura. Ma non solo, infatti i cittadini italiani di fede evangelica, seppur minoranza, rappresentano un protagonista storico rilevante, che poco si conosce.
Quanto è anacronistica quella scuola che ancora tiene in piedi l’impianto confessionale, anche se mascherato da facoltatività, e che discrimina palesemente i portatori di altre convinzioni religiose!
Anche il concetto di laicità sembra obsoleto, se inteso in un certo modo. La laicità di un certo liberalismo che innalza il vessillo di una verità più oggettiva e superiore alle verità di fede, dovrebbe chiedersi se essa stessa non sia molto vicina a essere una fede, una fede laica, che fa della neutralità il suo dogma e della scienza la sua casta sacerdotale.
Laicità, molto più modestamente, può invece essere considerata la grammatica del pluralismo, cioè del modo di vivere insieme a molte diversità, rispettando l’identità altrui, senza imposizioni e senza sminuire la portata delle convinzioni che fondano l’identità, perché la libertà dell’uno finisce dove comincia la libertà dell’altro.
Infine, per quanto riguarda l’identità della scuola è da superare la sua versione panpedagogica, che la vede protagonista assoluta della formazione delle future generazioni. Anche questa è una scuola anacronistica, che non tiene conto delle tante agenzie formative presenti nella società odierna. Soprattutto, la scuola statale non è tenuta a occuparsi di religione, diversamente da famiglie e comunità religiose che sono i contesti naturali in cui essa può essere coltivata.
Rendere effettiva la facoltatività della religione, eliminando la “discriminazione per motivi religiosi” dal cuore della scuola, significa collocarla al di fuori dell’orario e del curricolo scolastico, e questa è una garanzia anche per la stessa religione cattolica, che godrebbe della stessa libertà concessa ad altri in una società pluralista. Riguardo alla proposta di un insegnamento di “storia delle religioni”, non è il caso di aggravare ulteriormente la scuola di un’ennesima “educazione”, basterebbe riscoprire l’importanza della storia studiata da diversi punti di vista, attingendo alle varie fonti oggi disponibili per un’offerta formativa all’altezza delle aspettative.
L’invito per noi evangelicali è quello di non sottovalutare l’importanza di questa vera e propria battaglia che si svolge nel campo della cultura e in particolare nel cuore della scuola, perché possiamo fare la differenza. Se siamo fieri della nostra identità e della nostra libertà in Cristo, allora prepariamoci e prepariamo anche i giovani a questa fierezza e alla dignità della testimonianza cristiana, combattendo strenuamente per essa.


Il Direttivo CIEI – 28 ottobre 2022


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