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L’etica dell’insegnante. La dimensione etico-civile del fare scuola nella società globale.

Autore: GIUSEPPE DEIANA 

Anno di pubblicazione: 2008

Editore: Cagliari, Aìsara

N. Pagine: 424

La globalizzazione che sta investendo la società odierna impone alla scuola la necessità di rinnovarsi e riqualificarsi. In Italia, in particolare, sono evidenti l’arretratezza degli ordinamenti, soprattutto a livello di scuola secondaria superiore, e la carenza di formazione degli insegnanti. Viste le politiche pubbliche attuate negli ultimi anni c’è poco da sperare in buone riforme scolastiche (necessarie, ma non sufficienti). Perciò c’è bisogno di un rinnovamento che parta dall’interno, da un’autoriforma dei docenti che esiga due qualità fondamentali: scienza e coscienza o, in altre parole, competenza e responsabilità. I bisogni delle nuove generazioni richiedono che la scuola realizzi in modo qualificato quattro grandi finalità: un’istruzione qualificata, una professionalizzazione adeguata (con il superamento della frattura tra la formazione teorico-liceale e quella pratico-professionale), una socializzazione ricca ed un’educazione valoriale responsabile. L’A., dunque, propone l’insegnamento di una nuova educazione civile, radicata nei valori dell’etica pubblica (di responsabilità verso se stessi, verso gli altri e verso il mondo). Non si tratta dell’educazione civica, intesa tradizionalmente come una materia a sé insegnata poco e male, ma di un sapere trasversale a tutte le discipline proposto attraverso il metodo laboratoriale di ricerca didattica. E’ un progetto globale di educazione alla cittadinanza che coinvolge tute le dimensioni della cittadinanza: quella legale (Costituzione), politica (partecipazione allo Stato), sociale (dinamiche della società civile), nazionale, europea ed internazionale in un quadro di etica pubblica che non può non comprendere anche la bioetica. E una scuola europea deve essere capace di usare in modo intelligente e critico gli strumenti tecnico-scietifici della nuova civiltà (computer, Internet…).

Essendo docente di Filosofia e Storia al Liceo Scientifico “S. Allende” di Milano, l’A. riporta come esempi alcune esperienze attuate nel suddetto Liceo ed evidenzia che attraverso la formazione civile possono essere trasmessi i valori della pace, del comunitarismo, della democrazia, del cosmopolitismo, della laicità, della scientificità, della interculturalità, del personalismo e dell’ambientalismo. Va notato che il concetto di laicità dell’A., definita problematica e critica, è sostenuta dall’idea di un relativismo tollerante.

L’obiettivo ultimo a cui mirare è quello di creare una scuola come luogo etico che promuove la passione del pensare, la pratica del dialogo e l’esercizio della libertà (l’opposto della scuola come luogo burocratico, a cui di fatto continua ad essere sempre più ridotta, nonostante la presunta “autonomia”). Il sistema scolastico non deve limitarsi all’istruzione, ma deve impegnarsi nell’educazione globale. A tal fine, l’A. propone l’assunzione, da parte degli insegnanti, della responsabilità dell’educazione valoriale che ha nel Giuramento di Ippocrate un principio ispiratore e che impegna i docenti ad un radicale cambiamento di mentalità e di operatività: dal semplice trasmettere le nozioni di una materia scolastica al “farsi carico” del giovane in formazione nella sua globalità. Ne consegue una sorta di “Decalogo” di competenze indispensabili ai docenti per realizzare questo cambiamento: saggezza, intellettualità, cosmopolicità, europeità, complessità, socialità, autonomia, globalità, eticità e visione di futuro. Una tavola di valori riassumibile nei due già precedentemente citati: scienza e coscienza.

Senza dubbio è condivisibile la proposta dell’A. di rinnovare la scuola a partire da una riqualificazione culturale e professionale dei docenti in un quadro di etica dell’insegnamento. Rimane aperto il quesito sulla capacità effettiva della deontologia a produrre riforma. Senza attenzione a tutte le altre dinamiche coinvolte, si corre il rischio di avere un altro documento privo di riscontri concreti. Inoltre, rimane la domanda se questa autoriforma non debba essere accompagnata da un risanamento valoriale anche famigliare dal momento che i primi modelli culturali vengono appresi in famiglia e la responsabilità educativa resta comunque della famiglia, anche quando tenta di delegarla.

Loretta Finch