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Valutiamo l’INVALSI.

In questi giorni si stanno svolgendo nei vari ordini di scuola le famigerate prove INVALSI,
l’istituto deputato dal MIUR alla valutazione degli apprendimenti.
A causa di disposizioni confuse e contraddittorie, i pareri sono diversi e discordanti. Molti Collegi
Docenti (l’organo deputato per legge a occuparsi della valutazione) vengono bypassati e le prove
vengono somministrate in modo autoritario e impositivo. Altri trovano il modo di discuterle, o per
approvarle o per rifiutarle. Nell’opinione pubblica serpeggia il sospetto che la classe docente non
sia disposta a farsi valutare e a mettere in discussione il proprio operato.
Il parere del Ministro Profumo è che il nostro paese abbia bisogno di valutazione e che la carenza di
questa cultura ci stia penalizzando nei confronti del resto del mondo. Agli insegnanti dice che solo
attraverso una fotografia corretta e trasparente della situazione attuale possono cercare di migliorare
la scuola.
Cosa possiamo rispondere noi insegnanti evangelici? Come valutiamo l’Invalsi?
Non entreremo nel merito degli aspetti tecnici e burocratici, ma faremo una considerazione di
ordine generale.
La valutazione Invalsi va a misurare le prestazioni degli studenti nelle discipline fondamentali,
italiano e matematica (ma già dal prossimo anno si parla di estenderla anche alle restanti discipline).
E sulla base dei risultati, confrontati anche con quelli delle scuole europee, stila una “graduatoria”
delle scuole.
Quando però si parla di scuola, si sta parlando di un sistema. Un sistema è una realtà complessa
e multiforme, composta di numerose parti collegate tra di loro, ciascuna delle quali svolge una
funzione nell’insieme e in cui ogni mimino cambiamento si ripercuote con effetto domino sulle altre
parti, modificando il funzionamento dell’intero sistema.
La scuola, quindi, non è soltanto il luogo in cui gli studenti e gli insegnanti si trovano ogni giorno a
svolgere le loro attività, la scuola è anche la sua sede istituzionale (il Ministero) con i suoi organi e i
suoi funzionari, consulenti e impiegati, le sue articolazioni regionali con i propri uffici, le sedi
provinciali con i loro addetti, i vari istituti scolastici con i loro uffici, gli impiegati, i tecnici e
assistenti, e infine anche gli insegnanti con gli studenti. Questa è la “scuola”.
Se quindi vogliamo avere una fotografia reale della qualità della scuola, come auspica il Ministro,
dobbiamo valutare l’intero sistema, i suoi input (investimenti/ sprechi, professionalità, formazione
ecc.), i suoi processi (efficienza/dispersività, efficacia/irrilevanza ecc.), e alla fine anche i suoi
prodotti in termini di qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento. Il tutto poi, nel confronto
internazionale, deve tener conto di innumerevoli fattori contestuali che concorrono a delineare la
fisionomia di una scuola in un paese oppure in un altro.
Inoltre, una valutazione riguardante i soli aspetti cognitivi e nozionistici che non tenga conto degli
aspetti socio-affettivi è molto discutibile, come anche una valutazione che prescinda dalla
considerazione del punto di partenza di ogni alunno e dei suoi progressi.
Solo se la valutazione sarà sistemica, globale e formativa potrà avere il valore auspicato,
altrimenti si ridurrà a un’operazione di facciata, con un ulteriore capitolo di spesa, mentre non sarà
di alcun aiuto per migliorare la qualità della scuola.

Il Comitato Insegnanti Evangelici Italiani – 14 maggio 2012

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