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A scuola d’Intercultura con la Bibbia?

Nel mese di aprile 2007 dovrebbe concludersi la prima fase sperimentale del progetto Bibbia
Educational, che ha coinvolto 60 scuole laziali. Questo progetto multimediale, presentato nel dicembre
dello scorso anno a Roma nella sede del Ministero della Pubblica Istruzione, alla presenza del ministro
Fioroni e di numerose personalità laiche e religiose, è stato ideato e curato da Pasquale Troia. L’opera è
formata da un cofanetto di 13 cd-rom e da 13 film in dvd sui più importanti personaggi della Bibbia,
inoltre da un volume che presenta la loro rilevanza interculturale, interreligiosa nonché la valenza
didattica dell’iniziativa. Il “Progetto Bibbia Educational” gode del patrocino del Ministro
dell’Istruzione ed è stato apprezzato per la sua unicità e potenzialità educativa, didattica e culturale.
Esso intende promuovere, in dialogo con altri codici di testi sacri, soprattutto con il Corano, la
conoscenza della Bibbia e delle sue tradizioni religiose e culturali ed è rivolto ai docenti della Scuola
Secondaria di I e II grado, offrendo loro strumenti interculturali e interdisciplinari per la progettazione
delle attività didattiche con gli studenti. Dopo la prima fase, una seconda fase di sperimentazione è
destinata ad altre scuole italiane da replicare per il successivo triennio.
Come insegnanti evangelici del CIEI, riteniamo lodevole l’impegno per aprire spazi di dialogo con
persone provenienti da altri paesi e da contesti diversi dal nostro, in un luogo come la scuola pubblica
in cui stanno emergendo, anche in modo violento, le problematiche relative all’accoglienza e
all’accettazione della diversità. Anche noi promuoviamo e incoraggiamo il dialogo interculturale e
interreligioso, ma lo promuoviamo sul terreno della laicità, così com’è delineata nelle nostre istituzioni,
prima di tutte la Costituzione italiana.
Una prima perplessità piuttosto sorge in riferimento ai promotori dell’iniziativa, incarnati dal prof.
Pasquale Troia, docente di Religione cattolica in un liceo romano e di S. Scrittura presso l’Istituto di
Scienze Religiose “E. Caymari” della Pontificia Università Lateranense di Roma, esperto formatore dei
docenti di religione in tutta Italia, oltre che redattore di una rivista cattolica.
In breve, si tratta di un rappresentante della Religione maggioritaria la quale, in contrasto con la laicità
delle istituzioni, continua ad occupare uno spazio privilegiato di insegnamento nella scuola pubblica
statale. Risulta allora difficile pensare che, da una tale posizione di potere rispetto alle altre confessioni
religiose, si sia legittimati a proporsi come promotori del dialogo interreligioso, del rispetto e della
tolleranza!
Inoltre, dallo stile della presentazione del progetto che ha visto, accanto a Riccardo Di Segni, Rabbino
Capo di Roma, e ad Osama Al Saghir, Presidente dei Giovani Musulmani in Italia, la presenza del
Cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, si evince che quella cattolica
romana è la sola confessione che rappresenti la cultura cristiana biblica.
Si tratta evidentemente di falso pluralismo, perché si prescinde da una vera rappresentatività, in
particolare di tradizioni come quelle protestante e riformata che hanno da anni grande familiarità col
testo biblico.
Una seconda perplessità riguarda la valenza del testo biblico stesso. Siamo proprio sicuri che si faccia
giustizia al testo presentandolo come “un codice culturale e religioso che ha generato culture e
tradizioni… (come se) d’ora in poi parlare di Bibbia significa parlare di una cultura (l’evidenziazione è
nell’originale) dalla quale nessun cittadino potrà prescindere”? La prima regola della scientificità non è
piuttosto quella del rispetto dell’oggetto? In questo caso l’autopresentazione del testo stesso che si
presenta come Parola del Dio vivente?
Certamente la Bibbia è anche un testo culturale, che dialoga con e interpella le culture, ma prima di
tutto è il testo sacro del cristianesimo, e questa caratteristica la rende “chiusa” ad ogni abuso e
manipolazione che non rispetti il suo originario significato e scopo, che è quello di offrire agli uomini
la salvezza tramite la fede in Gesù Cristo, figlio di Dio (Giov. 20, 31; Atti 17, 23-30).
Infine, siamo d’accordo che la scuola è un “laboratorio unico ed imprescindibile” del dialogo, ma non
l’unico; non è certamente il luogo in cui il testo biblico possa essere compreso e vissuto nelle sue reali
implicazioni, né può essere il luogo in cui piegare la Bibbia a scopi di politiche interculturali e
didattiche interdisciplinari, per quanto necessarie esse siano. Ogni uso che non rispetti i criteri biblici
diventa un abuso del testo biblico, perché quando si tratta della verità (e per noi la Bibbia non è niente
di meno), non è lecito impadronirsene per i propri progetti e scopi, disconoscendone l’Autore. La
scuola, come organo di uno Stato laico, non ha le competenze né la vocazione di spingersi in queste
discutibili avventure, e noi come insegnanti del Ciei auspichiamo che i Collegi Docenti chiamati ad
accogliere o a respingere questo progetto possano esprimersi in piena autonomia.

Il Comitato Insegnanti Evangelici Italiani – 23 marzo 2007