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Scuola e libertà religiosa.

“Mi sono riservato settemila uomini che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal” (dal I Libro dei Re).

 

Settemila persone in una nazione popolosa sono davvero una minoranza insignificante, persone la cui storia non trova spazio nelle pagine dei quotidiani e la cui voce non si sente nelle cronache televisive, se non di sfuggita. Eppure sono notate, se non altro per il contrasto che il loro dissenso produce nel monotono grigiore del conformismo silenzioso.

Appunto mezzo minuto è durato il resoconto televisivo dell’episodio accaduto ad alcuni bambini di una scuola primaria di Roma, e solo perché una delle mamme ha sporto denuncia. Il fatto è che alcuni bambini non hanno ricevuto il regalo della prima comunione perché, non essendo cattolici, non hanno partecipato a questo rito.  Ovviamente la mamma non chiedeva che anche la sua bimba ricevesse un regalo, ma non ha tollerato che subisse, insieme ad altri compagni, una così palese e sfacciata discriminazione, in barba all’Art. 3 della Costituzione, che recita “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Questo episodio è solo la punta dell’iceberg, solo una delle innumerevoli discriminazioni che vengono fatte subire agli alunni di altre razze, lingue e religioni nella scuola pubblica statale, ogni giorno, in diverse occasioni, discriminazioni tanto più odiose quanto le vittime sono più deboli, subordinate, hanno minore capacità e libertà di espressione. Non è infatti ancora svanita l’eco dell’ alunna di Chieti che è stata messa in un angolo e dileggiata per non aver partecipato alla visita del Vescovo, ma è ormai una deplorevole tradizione del nostro Paese l’ipocrita retorica dell’accoglienza nei confronti della diversità, di fronte a una realtà che vede la trasformazione della scuola pubblica in un braccio secolare della “santa” sede cattolica romana.

Ma, seppure minoritaria, c’è anche una parte di insegnanti che si vergogna della risposta che le maestre dell’alunna romana hanno dato alle rimostranze della madre e che si sentono offesi dai quotidiani episodi di discriminazione nei confronti degli alunni di altra razza, cultura e religione.  

Noi insegnanti evangelici preferiamo schierarci con questa minoranza e con quanti continuano a battersi per la libertà di opinione, per le libertà civili e politiche nella scuola e nella società, di cui la libertà di religione è giustamente ritenuta la madre.

Esprimiamo quindi solidarietà ai genitori dei mille ragazzi di altre religioni offesi nella loro identità e coscienza da questa meschina cultura e dai loro autorevoli rappresentanti, continuando a ribadire la necessità che si giunga a un serio impegno pubblico per la libertà e per la laicità della scuola e delle pubbliche istituzioni.  

Il Direttivo del CIEI – 1 maggio 2010