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Intervento pubblico del CIEI al convegno “Il problema della laicità nella scuola pubblica italiana”.

ingraziamenti all’Ass. Querzé che ci ha onorato con la sua presenza e il cui contributo
costituisce una cornice ideale allo sviluppo del tema della serata.
Ringraziamenti anche agli amici dell’UAAR che ci hanno sollecitati a organizzare insieme
a loro questa iniziativa in cui abbiamo l’opportunità di presentare il nostro punto di vista a
chi forse ancora non lo conosce.
Una piccola parentesi: qualcuno ha fatto notare come l’accostamento nella locandina del
nostro nome e di quello dell’UAAR sia curioso e anche un po’ buffo… in effetti è ardito,
ma credo sia molto rappresentativo della tesi che stasera vogliamo sostenere e cioè che,
anche partendo da punti di vista molti diversi e addirittura opposti, è possibile una
pacifica e fruttuosa convivenza, nella misura in cui viene rispettata la condizione della
laicità nella sfera pubblica della società civile.
Per illustrare meglio che cosa intendo per laicità, vorrei partire proprio dal paese che ci
ospita stasera, da Nonantola.
Nonantola, una piccola città con un grande cuore.
La storia passata l’ha vista protagonista di un fatto di grande umanità e coraggio, l’aver
ospitato prima e salvato poi un centinaio di ragazzi ebrei, perseguitati dai tedeschi e
nascosti presso le famiglie e gli istituti religiosi del luogo. Villa Emma, la villa che li aveva
inizialmente accolti, è oggi dedicata alla “pace tra i popoli”.
Oggi a Nonantola più del dieci per cento dei 15489 abitanti (ISTAT 2010) è costituito da
persone straniere (1600 sempre secondo ISTAT). E la cosa più bella è questa: le nazioni del
mondo rappresentate sono 60!! Che varietà, che diversità di etnie, tradizioni e religioni,
che ricchezza culturale può vantare questo paese!
Ma c’è di più, oltre alla diversità dovuta all’immigrazione straniera, ci sono anche delle
diversità locali, che riguardano ad esempio l’appartenenza a diverse tradizioni religiose,
come ad esempio gli aderenti alla locale chiesa evangelica, o a specifiche convinzioni
filosofiche, come ad esempio gli aderenti al circolo UAAR della zona.
Insomma, non c’è bisogno di dimostrare come oggi la nostra società (non solo
nonantolana) sia una società plurale, multiculturale, multietnica, multireligiosa. Se la
democrazia, com’è stata autorevolmente definita, è il governo di una maggioranza nel
rispetto delle minoranze, allora Nonantola e tutta l’Italia sono un laboratorio in cui si può
fare pratica di democrazia.
Possiamo esercitarci nella democrazia perché abbiamo una Costituzione che tutela i diritti
umani: la libertà, l’uguaglianza, la solidarietà, e in particolare l’uguaglianza di fronte a
diritti e doveri, come ad esempio il diritto allo studio (Artt. 2, 3, 8, 33, 34).
Questi articoli costituzionali presuppongono la laicità, come principio di distinzione tra i
poteri, è una qualità dello Stato di diritto, è un principio incardinato nella Costituzione, ed
è quella condizione che può garantire a tutte le persone la possibilità di godere nella sfera
pubblica di un terreno comune di convivenza e di confronto.
Detto questo, tuttavia, dobbiamo aggiungere che nella nostra Costituzione c’è anche un
articolo 7 sui rapporti tra Stato italiano e Stato vaticano, che legittima il regime
concordatario, facendo rientrare dalla finestra ciò che era uscito dalla porta.
L’applicazione estensiva del Concordato ha portato alla situazione attuale delle scuole
pubbliche in cui per mezzo della famigerata ora di religione il Vaticano si è accaparrato il
monopolio dell’istruzione religiosa.
Ora però, lasciando agli esperti il discorso sulle incoerenze della Costituzione, vorrei
invece dire qualche parola di più sulle ragioni della nostra posizione in favore della laicità
nella scuola e contro l’ora di religione.
Innanzitutto cosa intendiamo per laicità: uno spazio pubblico ampio, articolato e ricco in
cui si realizza il confronto di diversità collocate sullo stesso piano di importanza e di
valore.
Non intendiamo la laicità come appiattimento o un annullamento della diversità, anzi,
l’esercizio della laicità richiede una solida identità, perché un vero confronto può esistere
solo laddove ci sono convinzioni radicate e profonde.
La laicità richiede anche l’esercizio sano della libertà, cioè di una libertà di pensiero, di
parola e azione che si ferma di fronte alla libertà dell’altro, altrimenti diventerebbe
prevaricazione e imposizione.
Detto ciò, credo che la laicità nella scuola pubblica sia richiesta per almeno tre ragioni:
– La laicità è richiesta dalla natura della scuola statale.
Come è già stato ricordato, secondo la Costituzione la scuola italiana deve accogliere tutti i
bambini, con le loro diversità e caratteristiche individuali, culturali, sociali e religiose,
creando un ambiente favorevole alla crescita di tutti, gli insegnanti godendo della libertà
di insegnamento e gli alunni della libertà di apprendimento.
Ma c’è di più: nell’intenzione dei padri costituenti (cfr. Calamandrei) la scuola è organo
della Costituzione, ovvero quella istituzione che concorre alla realizzazione degli scopi
costituzionali della formazione dell’uomo e del cittadino in una libera e pacifica
convivenza civile, rimuovendo gli ostacoli che si frappongono al pieno conseguimento di
questi scopi.
Per questo lo Stato dovrebbe recedere dalla sua ingerenza in fatto di educazione religiosa,
e lasciare questo insegnamento alla famiglia e alle chiese o comunità religiose a cui le
famiglie eventualmente si affidano.
– La laicità è richiesta dalla natura del lavoro di insegnamento e
apprendimento.
La scuola è un luogo davvero speciale, in cui si incontrano molte diversità, prima fra tutte
quella tra adulti che sono chiamati ad aiutare a crescere, e bambini e bambine, ragazzi e
ragazze che hanno tanto bisogno di essere aiutati a crescere.
In questo rapporto asimmetrico sono molte le potenzialità educative, dovute soprattutto
alla natura degli alunni che si aprono al futuro, ma ci sono anche dei rischi dovuti alla
delicatezza di una coscienza in formazione.
È evidente e non c’è bisogno di dimostrarlo che l’insegnante ha un potere, che può usare
in modo più o meno buono. È buono se la libertà e la fragilità dell’alunno viene onorata e
rispettata, non è buono se l’insegnamento diventa imposizione o persuasione più o meno
occulta.
Il fatto che un tema così sensibile dal punto di vista etico come l’educazione religiosa sia
impartito ex cathedra dalla stessa istituzione tramite insegnanti incaricati dal Vescovo, già
di per sé costituisce una violazione della libertà di religione e un indottrinamento
illegittimo.
E non mi si venga a dire che l’ora è facoltativa, perché se lo fosse non sarebbe collocata
all’interno del curricolo e non comporterebbe tante discriminazioni che vengono
perpetrate nei confronti di chi non se ne avvale. E con discriminazione non intendo solo gli
episodi eclatanti dell’alunno parcheggiato nel corridoio con il bidello, o spostato in altre
classi, o i cui genitori sono invitati a cambiare opzione… ci sono delle azioni molto più
sottili e invasive che l’insegnante può mettere in atto. Per illustrare meglio questo, vi
porterò la mia personale testimonianza di alunna. ….
– La laicità è richiesta dalla natura stessa della religione.
Che l’insegnamento della religione (non la religione) debba stare fuori dalla scuola deriva
dalla natura della stessa religione. Non si rende un gran servizio alla religione
presentandola solo in una . Prendiamo il termine nel senso di religiosità, re-ligo cioè
ricollegare l’uomo a un qualche tipo di assoluto. In questo senso siamo tutti esseri
religiosi, perché ciascuno di noi ha degli assoluti, pre razionali, che non si possono
dimostrare. Per esempio, il modo in cui ognuno di noi distingue bene e male, giusto e
sbagliato, vero e falso… la propria visione del mondo che riguarda i presupposti.
La fede in Dio o la fede nella verità empirica sono al di là di ogni dimostrazione. Il metodo
scientifico è quanto di più si avvicina all’oggettività, ma il suo tallone d’achille è lo
scienziato.
Laddove c’è un individuo, c’è la soggettività, il radicamento, ci sono gli assoluti.
Se questo è vero per la religiosità, lo è ancora di più per le religioni istituzionali, le varie
confessioni religiose. Le religioni o sono confessanti o non sono religioni. Per questo loro
ancoramento alle profonde convinzioni personali, l’insegnamento e l’apprendimento della
religione, di qualunque religione, deve essere impartito al di fuori della scuola
dell’obbligo, scuola in cui tutti hanno il dovere e il diritto di transitare, bensì collocato in
contesti privati come le famiglie o pubblici come le università e le chiese, ma pur sempre
scelti liberamente e non imposti dallo Stato.
Per concludere, devo dire che non tutti gli evangelici hanno questa posizione. Ci sono
delle posizioni molto differenziate e variegate nel mondo evangelico italiano.
Ci sono evangelici che sono favorevoli all’IRC perché ritengono che i giovani oggi abbiano
più che mai bisogno di un qualche tipo di educazione morale.
Ce ne sono altri che temono l’avanzata dell’islamismo fondamentalista e ravvisano nella
religione cattolica un baluardo.
Altri ancora sono favorevoli a un generico insegnamento di “storia delle religioni” (cfr.
Ministro Profumo).
Riguardo all’educazione morale, rispondo che tutti gli insegnanti fanno educazione
morale e civile, o dovrebbero farla, con la parola e con l’esempio. Nessuna religione può
avanzare il primato dell’educazione morale, come purtroppo dimostrano le cosiddette
“mele marce” all’interno delle varie chiese. L’educazione civica, come si chiamava una
volta, o alla cittadinanza come si chiama oggi, è una disciplina trasversale, che attraversa
tutte le materie e riguarda tutti gli operatori scolastici come loro dovere istituzionale.
Riguardo alla religione in versione anti fondamentalismo islamico, rispondo che non si
può reagire all’ingiustizia con un’altra ingiustizia, e inoltre che la scuola non può
diventare il campo di battaglia di una guerra di religioni e i bambini i piccoli soldatini di
questa guerra.
La proposta della storia delle religioni si presta a due obiezioni: la prima, la storia già si fa
a scuola, e al suo interno c’è sicuramente la storia delle religioni. Perché istituire storia
delle religioni e non anche allora storia della medicina, o delle attività sportive, o
dell’alimentazione… ?
La seconda obiezione riguarda chi potrebbe/dovrebbe insegnare storia delle religioni… il
cattolico, l’evangelico o il buddhista? Il credente oppure l’ateo e l’agnostico? E poi Chi
decide chi? Non si può superare questa obiezione a nostro avviso.
Per tutti questi motivi noi siamo favorevoli alla laicità nella scuola pubblica e contrari
all’insegnamento di qualunque religione all’interno di quel contesto. Ogni religione ha i
propri spazi e le proprie strutture per impartire i suoi insegnamenti, senza dover abusare
di ingiusti privilegi concessi dallo stato.
Conclusione: la battaglia per la laicità non è cosa dell’ultima ora. Già all’indomani
dell’unità d’Italia e della Legge Casati (istituzione Scuola Statale) gli evangelici si
battevano per questo. Citazione dell’articolo di un fratello sul giornale “La Rivista
Cristiana” del 1874 (da A. Mannucci, Educazione e scuola protestante).

Lidia Goldoni – 4 ottobre 2012