Dieci punti per un progetto educativo cristiano
- 1) Poiché esiste un Dio creatore, onnisciente e sovrano, e un universo da Lui creato, sostenuto e riconciliato, la vocazione e l’impegno a scoprire e a conoscere tutti gli aspetti della realtà sono legittimi, le acquisizioni e le discipline hanno un loro fondamento unitario e un’armonia reciproca (Gen. 1,1 – 2,3).
- 2) L’uomo e la donna, nelle loro realtà sociali e istituzionali (famiglia, chiesa, stato ecc.), sono chiamati a vivere l’educazione come parte del mandato culturale (Ge. 1,27–28; Mt. 28,18–20) e principalmente come uno strumento per onorare Dio, che li ha mandati (Sl. 8, 3–4; 19, 1–7).
- 3) Tutta la verità è verità di Dio, perciò tanto l’insieme quanto ogni particolare della realtà possono essere rappresentati con un curricolo integrato e omogeneo. La vera conoscenza non opera con nozioni isolate, e la vera educazione stimola la capacità di cogliere le connessioni tra le varie discipline e il loro principio unificatore.
- 4) Una scuola quindi può definirsi cristiana non tanto se fra le sue attività sono presenti lo studio della Bibbia o la preghiera, ma se la visione cristiana biblica soggiace a tutto il suo curricolo (At. 17, 28; Cl. 1, 17).
- 5) L’acquisizione delle conoscenze non dev’essere scissa dalla formazione morale e spirituale degli studenti, le quali devono al contrario essere strettamente connesse. Ignorare questa connessione significa fallire nello scopo dell’educazione e vanificare gli sforzi dello studente (Pr.1,7; 3,3; Mt.22,37; 1 Co.10,31).
- 6) Ogni sapere si colloca su uno sfondo di riferimento che comprende convinzioni prelogiche, perciò (anche) nell’educazione la neutralità è impossibile. L’educazione è un impegno essenzialmente religioso. L’azione educativa, cioè, presuppone determinate scelte sulle questioni basilari della vita e sui modi per darvi risposta. Non confrontarsi con queste scelte, significa in definitiva rinunciare a educare (Mt.12,30).
- 7) L’educazione si svolge in una condizione di “rottura” fra l’uomo e Dio ed è profondamente condizionata dalle conseguenze del peccato. Essa non è in grado di operare nell’uomo ciò che solo la grazia di Dio può fare. L’educazione però, oltre a equipaggiare lo studente per il suo inserimento nella società e nel mondo del lavoro, può sollecitarlo a riconoscere la realtà di Dio e la propria condizione davanti a Lui, invocando l’opera dello Spirito Santo, (Gv.16,8–13).
- 8) La responsabilità dell’educazione dei figli compete in primo luogo ai genitori. Questa responsabilità non va alienata e dev’essere salvaguardata da ogni ingerenza che provenga da istituzioni esterne alla famiglia. Solamente per libera delega e grazie a una corretta sussidiarietà, l’educazione può riguardare le istituzioni scolastiche pubbliche o private. Rispetto a queste e allo Stato, i diritti e i doveri dei genitori nei confronti dei loro figli rimangono primari (De. 6,4–6; Ef. 6,1–4).
- 9) Non essendo lo Stato titolare dell’educazione, esso è chiamato a rinunciare a qualsiasi pretesa di sovranità e controllo in questo ambito in generale e nell’educazione religiosa in particolare. Un segno concreto di tali limiti potrebbe essere l’eliminazione dell’ I.R.C. (Insegnamento Religione Cattolica) nelle scuole statali (Gv.19,10–11; Ro. 13,1–7).
- 10) Una visione cristiana dell’educazione tiene conto sia del fatto che lo studente appartiene alla razza umana decaduta, sia della sua dignità di persona, essendo egli creato a immagine di Dio. Essa incoraggia e promuove le capacità naturali dello studente e premia il suo impegno ma, attraverso l’uso appropriato della disciplina, identifica e riprende le manifestazioni del peccato (Pr. 22,15).